La Stanza Gialla

Intorno alla fine del I sec d.C. il culto misterico del dio Mitra, di origine orientale, inizia a propagarsi nell’impero romano attraverso i due capisaldi della struttura sociale romana: l’esercito e l’amministrazione imperiale. Ai fedeli il mitraismo prospetta un’intensa esperienza spirituale, segnata dal superamento di difficili prove iniziatiche, e il raggiungimento di una via individualistica di salvezza dell’anima, supportata da una profonda conoscenza delle dottrine astrologiche.
Alla scarsezza di fonti letterarie sulla religione mitraica si contrappone una straordinaria ricchezza della documentazione epigrafica e monumentale sempre incrementata da nuove scoperte: moltissimi i mitrei in Italia, concentrati soprattutto a Roma e a Ostia ma presenti anche nelle zone di frontiera, lungo i confini del dominio romano.
Il mitreo di Santa Prisca, con una suggestiva ambientazione sotterranea, offre sotto vari aspetti un significativo contributo alla comprensione della prassi misterica e segreta dedicata al dio Mitra. Ricavato nel III sec d.C. in un braccio del criptoportico di una casa romana, è preceduto da due nicchie affrontate e dipinte in viola scuro e ocra; esse ospitavano le sculture di Cautes e Cautopates, i due geni mitraici che simboleggiavano l’alba e il tramonto. Rimane oggi solo la scultura in marmo di Cautes, con la fiaccola alzata. Il santuario vero e proprio è costituito da un ambiente principale a pianta rettangolare allungata dove si svolgeva il rito del banchetto durante il quale gli appartenenti alla comunità entravano in comunione con il dio. L’altare principale è decorato con la scena dell’uccisione del toro in una grotta da parte di Mitra, momento centrale del mito, rappresentato con la significativa presenza di personaggi e animali, testimoni dell’evento. A Santa Prisca la decorazione scultorea è in stucco, caratteristica tecnica raffinata ma abbastanza rara nell’antichità; recenti restauri hanno messo in luce la presenza di doratura in alcuni punti del viso dei vari personaggi.

Le indagini archeologiche degli anni cinquanta hanno restituito una testa del dio Mitra nella sua identificazione con il Sole, uno splendido lavoro di intarsio in marmi colorati che doveva impreziosire le pareti degli ambienti; due teste in stucco, una del dio egizio Serapide e l’altra, forse, di Venere e numerosi esemplari di vasellame da mensa con ricche decorazioni.

Sulle pareti laterali si svolge un ciclo di affreschi raffigurante la processione sacra degli addetti al culto che recano oggetti e animali come offerte, destinate alla liturgia. Nella fascia superiore rimangono tracce di iscrizioni dipinte che identificano il ruolo dei personaggi in corteo, preceduto dal termine di origine persiana “NAMA” con il significato di lode, seguito dal nome di un pianeta. Un’altra importante iscrizione si trova graffita sul dorso esterno della grande nicchia centrale. Essa riporta una data precisa: sabato 20 novembre 212 d.C., il diciottesimo dopo la Luna Nuova, probabilmente riconducibile alla fondazione del santuario, sotto una propizia congiuntura astrale.
Oltre al principale si conservano altri tre ambienti comunicanti tra loro e destinati alle cerimonie preliminari. La parete di fondo della stanza centrale presenta una nicchia decorata con sette cerchi concentrici a rappresentare le sfere planetarie allora conosciute. I fori ancora visibili sono presumibilmente relativi ai dodici segni zodiacali applicati alla rappresentazione piatta dell’universo.

Nonostante l’appoggio e la protezione da parte degli imperatori romani soprattutto nel III sec d.C., il mitraismo, confinato in una ristretta cerchia di soli uomini, dovrà presto cedere il passo alla dimensione ecumenica del cristianesimo.

 


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